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Le opere, il cui numero (circa quattordici) e soggetti sono solo ipotizzabili, dovettero esser disperse con il parziale crollo e la demolizione della chiesa nel 1823; anche il resto del patrimonio artistico della chiesa non sembra esser stato individuato. Le tele gigantiane dovettero essere eseguite entro il ’47 e don Santo doveva aver visto le opere del fratello far bella mostra nella chiesa; nel suo Diario ne fa cenno senza manifestare l’interno orgoglio che lo gratificava dei sacrifici affrontati per farlo arrivare al dottorato e al sacerdozio e ben doveva vedere i frutti di quell’attività che, seppure come colto diletto, condividevano.

I Quadri nascevano in quel clima che vedeva uscire una quantità notevole di edizioni agiografiche (spesso in piccolo formato ed arricchite da calcografie quali ritratti e scene delle vite, scritte in latino per favorirne la circolazione a livello internazionale, volgarizzate nelle diverse lingue locali divenivano accessibili almeno alla nobiltà ed al ceto medio; non di rado si trattava narrazioni scritte da autori contemporanei distintisi per santità di vita dei quali si premette l’edificante biografia) che ponevano all’attenzione del lettore exempla da imitare e venivano incontro a quella di una esigenza di mistica spiritualità indotta da una molteplicità di fattori socioculturali e che caratterizza questo secolo bifronte «[...] svogliato di tutto ciò ' che non porta in fronte novità, e meraviglia [...]» ed esitavano anche nella produzione appunto di “ritratti” raffiguranti i santi Fondatori di Religioni e che i nuovi Ordini, nati dallo stimolo offerto dalla Riforma, in ogni caso proponevano a salvaguardia e gloria dell’ortodossia cattolica controriformata.

Schede descrittive delle opere di Francesco Gigante

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